Ottocentocinquattotto abitanti e una stagione teatrale. E’ una sfida per Monteu da Po, piccolo ma vivace comune a 40 chilometri da Torino: qui Onda Larsen, compagnia che, a Torino, gestisce Spazio...

Una rassegna teatrale di qualità per il pubblico del Chivassese

Attualità postato da Chiarapri || 6 mesi fa

Ottocentocinquattotto abitanti e una stagione teatrale. E’ una sfida per Monteu da Po, piccolo ma vivace comune a 40 chilometri da Torino: qui Onda Larsen, compagnia che, a Torino, gestisce Spazio Kairos, tra Barriera di Milano e Aurora, organizza la stagione “Luci su Monteu”, al via sabato 4 novembre. L'appuntamento è al Teatro Comunale, alle 21, fino al 6 aprile: sei i titoli in cartellone. Onda Larsen ha scelto gli spettacoli cercando di non fermarsi al solo panorama piemontese: così sono stati coinvolti - oltre alla stessa Onda Larsen che porta in scena due suoi titoli, e i torinesi di Crabteatro / Raumtraum - anche una compagnia da Reggio Emilia, una da Milano, una da L'Aquila. Si inizia con "Resti umani". Lo spettacolo - realizzato con il sostegno di Mibact e vincitore del bando nazionale della Siae "Per chi crea" - è stato scritto da Lia Tomatis, che è anche attrice insieme a Gianluca Guastella, Riccardo De Leo e Daniele Ronco, e vede alla regia Luigi Orfeo: vuole essere una riflessione attualissima su differenze ed etichette, categorie e limiti, confini reali e imposti. Siamo ancora capaci di comunicare o siamo chiusi in un guscio di spesse convinzioni? Poi "L'uomo che sussurrava aiuto", commedia con protagonista un uomo comune, Mario, che rischia di diventare Papa; a gennaio "Cronache dalla Shoah" con Teatro Zeta, compagnia de L'Aquila; a febbraio "L'anno sabbatico" del Teatro de Gli Incamminati di Milano, sull’ipocrisia e le falsità che spesso si nascondono nelle cosiddette “famiglie perfette”. E, ancora, "Caldo Goldoni" nella versione proposta da Crabteatro / Raumtraum per chiudere la stagione con "Lemon Therapy" degli emiliani Quinta parete, uno spettacolo sull’adolescenza: l'epoca delle passioni tristi, delle non scelte, dove la risposta a tutto è “boh!”, il periodo in cui il desiderio è di essere contemporaneamente come tutti gli altri e come nessun altro. La rassegna è realizzato da Onda Larsen con il contributo di Comune di Monteu Da Po, Regione Piemonte ed Eppela. La stagione «La stagione a Monteu da Po vuole coinvolgere e conquistare il pubblico del Chivassese offrendo a questa fetta di provincia torinese un intrattenimento di qualità e sei appuntamenti con cadenza mensile per creare una bella e sana abitudine, quella di andare a teatro» spiega Riccardo De Leo, vicepresidente di Onda Larsen. «Tra gli appuntamenti, ospiteremo uno spettacolo sulla Shoah nel Giorno della Memoria: la compagnia viene dall’Aquila a testimonianza dell’attenzione verso le produzioni che arrivano dalle altre regioni: l'obiettivo è proporre un'offerta inedita e di qualità al pubblico che risiede a Monteu e dintorni». De Leo aggiunge ancora: «In cartellone anche due nostre produzioni premiate a livello nazionale e uno spettacolo interattivo che permette di relazionarsi direttamente con gli attori in scena. Avremo anche un omaggio al teatro classico con Goldoni perché la tradizione per noi è molto importante e va diffusa il più possibile». Qui il calendario: SABATO 4 NOVEMBRE ore 21 RESTI UMANI Onda Larsen Scritto da Lia Tomatis Regia di Luigi Orfeo Con Riccardo De Leo, Gianluca Guastella, Daniele Ronco, Lia Tomatis Costumi di Augusta Tibaldeschi Scenografia di Jacopo Valsania Durata 75’ Il testo Il primo riordinamento mondiale che ha catalogato le persone rimandandole ognuna a “casa loro”, sembra purtroppo non essere bastato a sconfiggere i problemi della gente come ci si aspettava. È tempo quindi per un secondo riordinamento, affidandosi alla “Legge delle segnalazioni”. Un sistema tutto nuovo che permette di segnalare le persone che si ritiene abbiano differenze fastidiose per la propria identità, in modo da ricollocare tutti questi “loro” lontano da i “noi” e nel giusto Paese. Differenza dopo differenza, però, il risultato è che non c’è altra scelta se non creare Paesi composti da un unico abitante, assegnando ad ognuno i metri quadri disponibili per la creazione del proprio Stato. Ma lo spazio abitabile sulla Terra è ormai limitato, perciò accade che 4 paesi, di 4 persone diverse, finiscano a confinare tra loro all’interno di uno stesso appartamento. E così, tra accordi internazionali per l’uso del bagno e confini che dividono mobili a metà, degli esseri umani che fino a quel momento avevano avuto a che fare solo con la loro propria immagine, devono fare i conti con altri esseri umani e infine, forse, anche con loro stessi. Note dell’autrice, Lia Tomatis L’idea drammaturgica di “Resti umani” nasce dalla lettura di Bauman, dalla teoria sui “Discorsi” di Focault, ma anche dagli avvenimenti di cronaca, di politica e vita quotidiana che stanno portando ad un ribaltamento della morale. In particolare le pagine che hanno fatto nascere in me l’urgenza di scrivere “Resti umani” sono quelle di “Retrotopia” di Bauman. Ed ecco esattamente il punto di partenza di Resti Umani: una distopia che affonda consistenti radici nel nostro presente, in cui la divisione tra “noi” e “loro” è portata alle estreme conseguenze, in cui i confini per dividere le persone si sono moltiplicati e inspessiti così tanto da essere diventati, spesso, confini personali, come se ogni persona fosse un mondo a sé stante e sconnesso da tutto il resto. Perché ogni differenza può essere discriminante fino far diventare ogni individuo una categoria. Si dice che l’ovvio è che quella cosa che hai sotto gli occhi ma che non vedi finché non ti viene indicata e così è stato per la chiave attraverso cui ho costruito i personaggi: renderli “nemici” tra loro non perché lo siano davvero o perché divisi tra bene e male, ma perché incapaci di comunicare, chiusi in uno spesso guscio di false convinzioni autoalimentate attraverso i fraintendimenti. È importante capire le ragioni sociali e umane che conducono al fenomeno che vogliamo raccontare per poter comprendere sospendendo il giudizio, costruendo esseri umani a tutto tondo, con le loro crudeltà, contraddizioni, qualità positive, crisi, senza che appaiano semplicemente “buoni” o “cattivi”. Il pubblico deve poter riconoscere sé stesso o il suo vicino senza proporre un giudizio ma uno stimolo alla riflessione. Perché anche mia è la riflessione, perché io sono la vicina di qualcuno e qualcun altro il mio vicino. SABATO 2 DICEMBRE ore 21 L’UOMO CHE SUSSURRAVA AIUTO! Onda Larsen Scritto da Lia Tomatis Regia di Paolo Carenzo Con Pierpaolo Congiu, Riccardo De Leo, Gianluca Guastella, Lia Tomatis. Durata 80’ L’ultima esilarante disavventura di Mario, l’uomo comune, alle prese con le disfunzioni di questo nostro mondo. E questa volta uscire dai guai per il nostro eroe non sarà facile: sembra che Mario, suo malgrado, sia tra i favoriti per diventare Papa. Tutto ha inizio da un errore sui social: dopo aver rinunciato a diventare presidente della Repubblica, Mario decide di continuare la sua vita evitando i riflettori, ma Max, il suo sempre presente migliore amico, nonché suo agente, tenta di convincerlo a non mollare la “carriera mediatica” che “da qualche parte porta sempre!”. E così quando Max scopre che Mario e sua moglie avranno un figlio lo scrive immediatamente sulla pagina fan di Mario… ma dimentica l’accento e la correzione automatica del computer fa il resto: “Mario diventerà Papa”. La rettifica arriva tardi, le visualizzazioni sono già salite alle stelle e, se la logica razionale vorrebbe che ad una notizia così assurda non creda nessuno, Max ci ricorda che “Internet non è razionalità, è fede!”. E così, a nulla valgono le smentite, in pochissimo tempo la notizia diventa virale e persino il Vaticano deve trovare il modo di uscire dal garbuglio… In un momento storico in cui la religione, il concetto di identità culturale e di famiglia sono argomenti più che mai attuali, Onda Larsen, il cui stile è fortemente improntato sulla contemporaneità, sceglie di affrontare la questione con ironia, costruendo una sorta di mondo parallelo, utilizzando la satira pungente e lo stesso codice narrativo, basato sull’estremizzazione e sulla deformazione del reale, degli spettacoli precedenti. Una commedia che sa trattare con divertimento e rispetto anche i temi più delicati, senza mai scadere nel ridicolo o nella trappola di un filtro giudicante, ma prendendo elegantemente in giro le contraddizioni del nostro mondo, con uno sguardo affettuoso verso tutti quelli che, come Mario, ne vengono travolti. SABATO 27 GENNAIO ore 21 CRONACHE DALLA SHOAH Filastrocche della nera luce Teatro Zeta (AQ) Scritto da Giuseppe Manfridi Con Manuele Morgese Regia Livio Galassi Musiche eseguite dal vivo con 2 musicisti: Tromba e pianoforte Durata 70’ Tutto è stato detto, e tutto resta ancora da dire: esaurite le più atroci parole a descrivere l’orrore del più abominevole crimine che la storia ricordi, non esistono parole per comprenderne il recondito perché. Basta il cupo odio che intatto ha attraversato i secoli fino a noi, fomentato da una religione che si è impossessata del dio di Israele per reinventarlo a suo pro, perseguitando chi non si piegava alle sue manomissioni e voleva conservare integre le proprie antiche credenze, i propri miti, la propria appartenenza, la propria – pericolosa – “diversità”? Forse un fondo di nera frustrazione ha irritato e ingelosito il confronto con un popolo che sempre si è nobilmente rialzato dai reiterati soprusi, aggrappandosi fiero alla sua antica e mai rinnegata cultura. Mi chiedo, e vi chiedo – e lo chiedo soprattutto alla gretta imbecillità degli antisemiti: se togliamo alla storia del mondo -­‐ religiosa, etica, sociale, scientifica – gli ebrei Mosheh, ‘Abhrahm, Yehoshua ben Yosef, Marx, Freud, Einstein… che ne sarebbe?... E come spiegare, come giustificare il complice silenzio di tutti? Perlomeno di tutti quelli che sapevano, che intuivano, e che potevano incidere con il loro potere? Con quale inaudita impudenza si può testimoniare l’avvenuta ascesa in cielo di una madre vergine, e non la contemporanea caduta di milioni di innocenti negli abissi della umana abiezione? Anche dalla Tiburtina, da una stazione nella città del Cristo in terra, partivano i treni per lo sterminio senza che nessun anatema li arrestasse. Doloroso e difficile è stato per l’autore immergersi in questo oceano di amarezza. Come uscirne senza scrivere di fatti e di giudizi che poco o nulla aggiungono al già scritto, al già detto, al risaputo? Ma la luce della poesia è stata il faro che ha illuminato l'approdo. Una luce nera è il dolente ossimoro che si riverbera nella struggente scrittura, la quale sfiora appena i fatti e si dilata nello smarrimento esistenziale che da quei fatti scaturisce. Parole che si frantumano ai singhiozzi della mente, si disperdono e si ricongiungono a tracciare la trama di un malassere senza riscatto e senza conforto. Da quella pesante putredine sublimano, esalano leggere pur trattenendo l'atroce ricordo, evanescenti come il fumo che usciva da quei macabri camini e che, testimonianza dell'eccidio, portava lieve con sé le anime delle vittime per liberarle in un cielo senza luce e senza dei. Dolorosa e difficile l'impostazione registica. Può questa immane tragedia essere trattenuta in una struttura estetica? E quale?... Quella con meno estetismi, ho pensato. Quella che non descrive ma suggerisce: una "non scena" che disegna percorsi mentali, che imprigionano o si schiudono alla speranza; una recitazione prosciugata che non cerca compiacimenti né virtuosismi; una musica eletta che non cerca melodie; un tentativo di coinvolgerci tutti in un ineludibile senso di colpa Sabato 24 febbraio ORE 21 L’ANNO SABBATICO Teatro de Gli Incamminati (Mi) Scritto da Valeria Cavalli Regia di Alberto Oliva Con Monica Faggiani, Arturo di Tullio e Flavia Marchionni Durata 80’ Nel XVII e XVIII secolo si chiamava “Gran Tour” ed era un viaggio di formazione che i giovani nobili borghesi anglosassoni facevano nell’Europa continentale. Ai giorni nostri è “l’anno sabbatico” conosciuto anche come “the gap year” per quelli che non possono fare a meno di usare parole straniere: un lasso di tempo per accrescere la propria autonomia e autostima, ed esplorare il mondo, acquisendo gli strumenti e la sicurezza per affrontarlo. Ed è proprio il caso di Elisa il cui anno sabbatico post maturità è durato ben 15 mesi e che è attesa dai genitori impazienti di conoscere non solo le sue esperienze vissute ma anche le sue decisioni in merito al prossimo futuro. Il padre Carlo, chirurgo di chiara fama, vorrebbe finalmente risposte concrete ovvero l’iscrizione all’università, medicina, e la pianificazione di una carriera costellata di successi personali ed economici. La madre Laura, laureata in psicologia senza aver mai esercitato, si aspetta una crescita interiore e una maggiore consapevolezza. I preparativi fervono, l’emozione sale e quando Elisa suona il campanello di casa è grande la gioia di rivederla e altrettanto grande il desiderio di conoscere i particolari di questa avventura durata più di un anno. Gli abbracci, i baci, la commozione lasciano spazio alle domande non solo sul tempo trascorso lontano da casa ma anche su ciò che questa grande opportunità ha regalato a Elisa. Le domande di Carlo e Laura si fanno sempre più pressanti e quella che doveva essere un’allegra cena di benvenuto e un ricongiungimento familiare sarà la scintilla che faràscattare sentimenti mai esplicitati, rancori sopiti, sottili ipocrisie fino ad arrivare a svelare scomode verità. E i veri protagonisti, i due genitori che agli occhi del mondo sembrano una coppia collaudata e ben assortita, calano la maschera indossata per anni mostrandosi finalmente per quello che sono in un continuo rimbalzare di colpe, responsabilità , silenzi, meschinità come in un set di tennis dal quale però nessuno esce vincitore. In scena, Monica Faggiani e Arturo Di Tullio duettano con maestria, alternando momenti comici e allegri ad altri in cui il sarcasmo e le battute velenose fanno da padrone come nella migliore tradizione della commedia all’italiana. “L’Anno Sabbatico” è uno spettacolo che, con toni ironici, pungenti e dissacranti, mette in luce l’ipocrisia e le falsità che spesso si nascondono nelle cosiddette “famiglie perfette” che corrispondono quindi a certi canoni dettati da quel perbenismo che pare faccia parte dell’arredamento di molte case. Risate amare, dunque, e una riflessione profonda su quelli che vengono normalmente considerati i “valori” e che invece spesso sono solo retaggi ancestrali dei quali è difficile liberarsi. Sabato 23 marzo ore 21 CARO GOLDONI Crabteatro / Raumtraum (TO) Con Pierpaolo Congiu, Costanza Maria Frola, Michele Guaraldo Regia di Giulio Federico Janni Scene Pierpaolo Congiu, Giulio Federico Janni Costumi di Roberta Vacchetta Luci di Emanuele Vallinotti Aiuto Regia Sara Santolini Durata 75’ Due attori, quattro personaggi. Due servi e due padroni diseredati che vivono in una casa nobiliare venduta pezzo a pezzo per pagare i debiti di gioco del padrone si ritrovano risucchiati in un frenetico turbinio di equivoci, intrighi, maneggi e gelosie nel tentativo di salvare il lavoro e la casa. Un gioco di sguardi e seduzioni, dove i personaggi e le situazioni si rincorrono, dove la risata precede sempre lo sgambetto della sorte. Gli attori escono e rientrano in scena con una forza sempre nuova, entrando e uscendo ogni volta dall’uno all’altro personaggio, cambiando voce, movenze e pigli. La scena, completamente bianca, rende asettico il mondo falso e contraddittorio dei Conti, i padroni che tutto possono, e crea un tappeto essenziale al vissuto dei servi, Tonino e Colombina, che si muovono – a volte in punta di piedi a volte inciampando sulle proprie parole – nella scena della loro vita, difficile ma vera. “Caro Goldoni” è una summa dell’opera goldoniana: una storia nuova raccontata con scene delle sue commedie più belle. Una prova d’attori senza precedenti per uno spettacolo che lascia senza respiro. Sabato 6 aprile ore 21 LEMON THERAPY Quinta parete (RE) Scritto da Chiara Boscaro e Marco Di Stefano Diretto e interpretato da Enrico Lombardi e Alice Melloni Scenografie Rewik Grossi Video Stefania Centonze Grafica e Illustrazione Gabriele Ferrar Durata 60’ Lemon therapy è uno spettacolo sull’adolescenza: l'epoca delle passioni tristi, delle non scelte, dove la risposta a tutto è “boh!”, il periodo in cui il desiderio è di essere contemporaneamente come tutti gli altri e come nessun altro, il tempo in cui si comincia a scoprire se stessi, ad entrare in contatto con la propria sessualità e a sperimentarla: la prima volta? L’attesa... la tensione... l’incontro con l’altro. Da un’indagine dentro e fuori le scuole, fatta di incontri e laboratori con i ragazzi, i loro genitori e gli insegnanti nasce una commedia scritta da Chiara Boscaro e Marco di Stefano. P. è un trentacinquenne che ha rimosso completamente la sua adolescenza perchè troppo traumatica e decide di farsi aiutare da V., psicoterapeuta fuori dagli schemi che utilizza una terapia piuttosto originale: una lemon therapy in cui, con provocatorie richieste, coinvolge anche il pubblico rendendolo parte attiva dello spettacolo. Ma la terapia funzionerà? E come? Cosa scopriranno P. e V.? BIGLIETTERIA Intero 13 euro. Ridotto 10 – under 18, over 65, Scuderia Onda Larsen, possessori biglietto della stagione “Il teatro ritrovato” di Casalborgone, studenti universitari under 25. Ridotto bambini under 12 e disabili - 6 euro. Abbonamento “Faro” 5 spettacoli 40 euro. Abbonamento “Lampadina” 3 spettacoli 27 euro. Vendita online su www.ticket.it. Info: biglietteria@ondalarsen.org. Aggiornamenti: www.ondalarsen.org.