Intervista al prof. Luca Gallelli, Professore di Farmacologia Clinica presso l'Università di Catanzaro.

Salute e Benessere postato da puntoinformativofarmaco || 10 anni fa

Normalmente un farmaco brand,un farmaco di riferimento, quel farmaco che ha un nome di fantasia segue un iter che è abbastanza lungo perché ci vogliono almeno tre anni in fase di sperimentazione precliniche,  a seguito di questo periodo succederanno le fasi cliniche.

Le fasi cliniche sono tre: la fase uno deve essere svolta in soggetti che sono volontari sani (30/50 pazienti); la fase due viene effettuata su pazienti reali, e naturalmente questi pazienti devono avere quel dato tipo di patologia a cui il farmaco è rivolto, e la fase tre è invece di sperimentazione clinica su un numero maggiore di pazienti da 300 fino a 15.000 pazienti. Tutto questo ha una durata di circa dieci anni e ha un altissimo costo, sopra circa 500/1000 milioni di euro.

Una volta ottenuti i dati, si deve compilare un dossier poiché questo farmaco deve essere registrato. Un dossier tecnico completo prevede poi che lo stesso venga registrato presso le autorità regolatorie, quindi l’AIFA, che una volta valutato darà il via libera e darà l’autorizzazione di immissione al commercio.

A differenza di questo iter registrativo, i farmaci generici non hanno un dossier tecnico completoma un dossier tecnico semplificato, vale a dire due anni prima della scadenza brevettuale del farmaco brand, basandosi sugli studi si quest’ultimo, la Aziende produttrici di generici non faranno altro che fornire solo ed esclusivamente dati concernenti la bioequivalenza, cioè dati che accertino che esiste quella differenza inclusa nel più o meno 20% con il farmaco di riferimento.

Bisogna evidenziare che esistono farmaci cosiddetti a basso indice terapeutico (intervallo fra efficacia e tossicità) dove il più o meno 20% risulta clinicamente un valore troppo alto e la bioequivalenza deve essere più o meno 10%, per farmaci invece che hanno un’ampia variabilità, pensiamo al Propafenone, si può tollerare anche una differenza di più o meno 30%. Una volta che anche questo dossier verrà depositato andrà all'AIFA e l'AIFA darà il via libera per quanto concerne la commercializzazione dei farmaci generici.

Naturalmente bisogna sempre considerare un ultimo punto cioè come vengono effettuati questi test per quanto concerne la bioequivalenza: non è detto che debbano essere effettuati sul paziente perché la bioequivalenza dovuta non deve essere misurata in studi clinici, per quanto riguarda le soluzioni a rilascio immediato, somministrate sia per via orale sia per via rettale, le soluzioni per uso topico e naturalmente le soluzioni parenterali. Al contrario sono necessari studi clinici per quanto riguarda le soluzioni e le compresse, le formulazioni a rilascio controllato, modificato e quindi prolungato o anche soprattutto le formulazioni per quei farmaci a basso indice terapeutico, pensiamo per esempio agli anticoagulanti.

Per questi devono essere effettuati dei veri studi cliniciche però sono simili a quelli effettuati nella prima fase di sperimentazione clinica, cioè vale a dire su due gruppi di dodici pazienti, di età compresa tra i 18 e i 55 anni che non devono avere nessun tipo di patologia ed in cui il farmaco viene testato in singola somministrazione: questo perché bisogna esclusivamente misurare il parametro bioequivalenza.

Una volta che viene data all'AIC, l’autorizzazione all'immissione in commercio per i generici, questi vengono posti in quella che viene definita la lista di sostituibilità del farmaco, quindi la lista di equivalenza. Per questo motivo il farmaco generico e il farmaco brand di riferimento sono tutti quanti farmaci equivalenti quindi intercambiabili.

E’ stato rilevato da molti studi un quesito clinico che personalmente condivido: io posso cambiare tutti questi farmaci? Tecnicamente si potrebbe cambiare un brand col generico di riferimento poiché dovrebbe avere questa bioequivalenza, ma non ci sono dati di sostituibilità tra generici perché possiamo pensare che un farmaco generico può avere un 20% di equivalenza in più e un altro un 20% di equivalenza in meno quindi tra loro non sono bioequivalenti. Questo è quello che viene normalmente definito come fenomeno del biocreep.

In questa lista non ci sono dati che riguardano gli eccipienti che rappresentano una grossa problematica clinica che in Italia non viene valutata mentre invece l’EMA, in Europa, mette proprio in dettaglio le linee guida, dicendo che bisognerebbe porre attenzione proprio agli eccipienti che possono avere un ruolo importante per quanto riguarda il trasporto del farmaco nell'organismo.

Fonte: http://www.youtube.com/watch?v=CaaMHknZ9ZI