L'identità di genere è l'identificazione della persona come maschio, femmina o in alcune occasioni, con altre categorie. Tra queste "altre categorie": ...

Psicologa Torino, Dott.ssa Parisi - La disforia di genere

Medicina e Salute postato da PsicologaTorino || 7 anni fa

L'identità di genere è l'identificazione della persona come maschio, femmina o in alcune occasioni, con altre categorie. Tra queste "altre categorie": alcuni individui si definiscono transgender, fanno parte di quell'ampio spettro di persone che transitano, o persistentemente si identificano, in un genere differente da quello assegnato loro alla nascita; di queste persone, i

sono qui individui che cercano, o si sono sottoposte una transizione nell'ambiente sociale da maschio a femmina o da femmina maschio, e molti ma non in tutti i casi includono una transizione somatica attraverso terapie ormonali e di conversazione chirurgica del sesso. In alcuni casi, la varianza di genere si associa forme di disagio e sofferenza psicologica per l'individuo che è possibile inquadrare nella categoria diagnostica della disforia di genere. I nuovi criteri diagnostici per la disforia di genere previsti dalla DSM-V includono una marcata incongruenza e spedita tra il proprio genere vissuto/espresso e quello assegnato, di durata minima di sei mesi è associata a disagio clinicamente rilevante o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o in altri importanti aree. Le prime manifestazioni del disagio possono essere già rintracciabili prima del concepimento dei due anni d'età, per quanto la maggior parte dei bambini che mostro varianza di genere non saranno tuttavia classificabili come transessuali nella vita adulta. Tre fattori di rischio dello sviluppo del transessualismo, annovera scarso supporto affettivo, eccessiva in prossimità e invadenza da parte della figura paterna che potrebbe essere alla base dell'incapacità del padre dello svolgere il ruolo di "terzo", favorendo perciò il processo di separazione-individuazione del bambino nel graduale e progressivo distacco dalla relazione con la madre; nell'impossibilità di vedere nel padre un possibile oggetto di identificazione, l'unico modello disponibile al bambino sarebbe pertanto quello materno. In linea con la letteratura e con l'ipotesi di base, i nostri risultati riportano che soggetti FtM ed MtF ricordano maggiore comportamenti cross-gender e minor coerenza tra l'identità di genere percepite quella assegnata alla nascita rispetto al gruppo di controllo, e che le femmine del gruppo di controllo ricordano maggiore comportamenti tipici di genere a confronto con i maschi, i quali, invece manifestavano maggiori comportamenti cross-gender. È inoltre emerso, come atteso, che soggetti con maggior disforia di genere riportano anche maggior discrepanza da bambini tra l'identità di genere assegnata e quella e spedita ulteriori ipotesi da me formulata sulla base della letteratura, riguarda l'aspettativa di riscontrare maggiormente le campione clinico relazioni parentali negative, improntate su una minor vicinanza emotivo-affettiva tre figli transessuali e i propri genitori. Tuttavia nonostante l'accrescersi degli studi su tale tematica, resta ancora aperto l'interrogativo relativo alla casualità direzionale del rapporto intercorrente tra stile genitoriale e disforia di genere, poiché è plausibile si è che il comportamento atipico di genere modifichi lo stile genitoriale, sia che a causa dell'eccessiva distanza affettiva con il genitore dello stesso sesso, il figlio non riesca identificarsi con esso, fallendo nella costruzione di un'identità di genere coerente col proprio sesso di appartenenza. Soggetti con maggior disforia di genere riportano maggiori comportamenti cross-gender infanzia, mentre soggetti non clinici riportano comportamenti tipici di genere da bambini. Solo per i transessuali MtF si riscontra una correlazione significativa, attestante, in linea con la letteratura, che soggetti che attuavano conclamati comportamenti non conformi rispetto al genere da bambini, mostrano un maggior disagio psichico generale. Il campione clinico riportava maggiori ricordi legati a comportamenti non tipici di genere e la percezione di minor affetto da parte dei genitori nell'infanzia; non sono state rilevate associazioni con gli indici psicopatologici, con la sola eccezione del campione di persone transessuali MtF.

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