Venerdì 17 aprile presso la Libreria Feltrinelli di Pescara si è svolta la presentazione del libro La città bianca di Francesca Romana Orlando.È intervenuta l’autrice che per circa un’ora è riuscit...

Letteratura postato da ariannaci || 9 anni fa

Venerdì 17 aprile presso la Libreria Feltrinelli di Pescara si è svolta la presentazione del libro La città bianca di Francesca Romana Orlando.
È intervenuta l’autrice che per circa un’ora è riuscita a coinvolgere il pubblico presente che si è mostrato attento e partecipe. Non è stata una presentazione come quelle a cui siamo abituati, perché si è discusso del romanzo ma molto di più del tema che ha ispirato la storia.
L’autrice infatti per potersi rivolgere ad un pubblico ampio ha scelto di scrivere un romanzo,
nello specifico un romanzo di avventura, un thriller, perché il suo movente primario era quello di divulgare e quindi far arrivare ad un pubblico vasto argomenti piuttosto complessi, cioè i rischi per la salute derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici e i conflitti di interessi tra chi è chiamato a giudicare la pericolosità di tale esposizione e le multinazionali del settore delle telecomunicazioni che spesso finanziano e condizionano gli studi.
Si è parlato del delicato equilibrio tra realtà e finzione, della distinzione tra realtà e finzione. La realtà è che ci sono rischi legati all’utilizzo giornaliero del cellulare che però viene recepito come uno strumento utile anzi indispensabile, uno strumento che ci rende particolarmente efficienti, ancor più pericolosa inoltre è l’esposizione “inevitabile” alle antenne.
La realtà è anche che esiste un meccanismo “malato” che porta a far sì che scienziati legati
all’industria arrivino a influenzare le decisioni di organizzazioni sovranazionali come l’OMS, e di
conseguenza l’opinione pubblica. Sono queste le caratteristiche, le realtà che hanno portato al concepimento del libro dove l’autrice immagina che una ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, venga incaricata dal Tribunale di Roma ad esprimersi sulle conseguenze dell’esposizione alle antenne di cittadini residenti in una zona di Roma, che sono interessati da varie e spesso gravi patologie. Riuscirà a condurre la sua ricerca in modo indipendente anche rischiando l’isolamento nel mondo scientifico o si piegherà ai condizionamenti dell’industria e del suo stesso Istituto?
Per riuscire a conoscere ancora meglio La città bianca abbiamo intervistato Francesca Romana Orlando, al termine della interessantissima presentazione che si è svolta con l’ausilio di slide e che si è concentrata sull’esposizione di studi passati e in corso sulla materia e sugli ostacoli posti alla ricerca indipendente dall’industria delle telecomunicazioni. Successivamente anche all’acceso dibattito che ne è seguito.
L'intervista completa è sul Blog di Edizioni Psiconline.

D. Quando ha ideato questo thriller e cosa l’ha ispirata?
R. Ho iniziato a lavorare a questo thriller nei primi mesi del 2011 quando ho letto la monografia della Commissione Internazionale per la Sicurezza dei Campi Elettromagnetici sui cosiddetti “effetti non termici” dei campi elettromagnetici e mi sono resa conto che il cittadino comune non sa di essere circondato 24 ore su 24 da un inquinamento invisibile, impercettibile ma estremamente dannoso, dovuto all’uso dei dispositivi a radiofrequenza, come il cellulare.
Quello che mi interessava di più era proprio l’aspetto dell’esposizione passiva alle antenne che
siamo tutti costretti a subire in strada, ma soprattutto coloro che vi abitano vicino. Conosco
personalmente, infatti, diverse realtà in cui si osserva un aumento preoccupante di patologie in coloro che vivono nei palazzi intorno a queste installazioni e ci sono forti sospetti che l’attuale legge che limita i campi elettromagnetici non sia sufficiente a tutelare la salute della popolazione.
Già nel 2009 il Tribunale della Corte d’Appello di Brescia ha riconosciuto il nesso causale tra l’uso del cellulare e l’insorgenza di tumore cerebrale e mi sono chiesta se fosse possibile
dimostrare in un aula di tribunale anche il nesso causale tra le antenne e le patologie osservate in chi vi abita vicino.
Ho immaginato il travaglio che si troverebbe a vivere una biologa dell’Istituto Superiore di Sanità chiamata dal giudice a decidere in merito a questa situazione e ne ho concluso che sarebbe divisa tra la spinta della coscienza di chi ragiona in modo autonomo e il dovere di appartenenza alla propria istituzione, l’ISS appunto che ha un posizione rassicurante in merito agli attuali limiti di legge.

D. Quando ha incominciato ad interessarsi a questo argomento (rischi per la salute derivanti
dall’esposizione ai campi elettromagnetici)?
R. Alla fine degli anni ’90, quando stava esplodendo Internet nel nostro Paese, lavoravo per
diverse riviste che trattavano dello sviluppo della Rete e mi sono trovata spesso a descrivere le potenzialità del Wi-Fi e dei cellulari, ma con qualche perplessità. Avevo l’impressione, infatti, che si stessero promuovendo delle tecnologie che emettevano- radiofrequenza con eccessiva leggerezza.
A quindici anni di distanza, nonostante ogni giorno aumentino le evidenze scientifiche dei rischi per la salute legati all’esposizione a campi elettromagnetici, la nostra società sta adottando delle scelte “folli” come lo sviluppo delle reti Wi-Fi nelle scuole o la diffusione di nuove reti per la telefonia mobile che comportano un’esposizione pressoché pervasiva di radiofrequenza e microonde.
La consapevolezza di quanto siano gravi i rischi per la nostra salute, ma anche per la flora e la fauna in natura, mi ha spinto ad approfondire questo tema e a divulgarlo. Ho ritenuto che il
romanzo fosse il modo migliore per descrivere tutti gli attori che sono coinvolti nel problema: dai ricercatori, all’industria, agli esperti di pubbliche relazioni e ai mass media.

D. Quanto c’è di reale nel suo libro e quanto invece è frutto di fantasia?
R. Il libro prende spunto da fatti reali e li sviluppa attraverso una narrazione di finzione.
Innanzitutto, è reale la diatriba che divide gli scienziati riguardo gli effetti biologici dei campi
elettromagnetici: alcuni ritengono che ci si debba preoccupare solo degli effetti termici, ovvero del riscaldamento prodotto dalle radiazioni; altri credono invece che ci sono effetti biologici anche per esposizioni bassissime che non possono causare alcun riscaldamento. Curiosamente a sostenere quest’ultima tesi sono soprattutto scienziati indipendenti che non hanno legami con l’industria delle telecomunicazioni.
Il romanzo trae ispirazione da questa realtà per descrivere la crisi personale di una scienziata di un’importante istituzione governativa, l’Istituto Superiore di Sanità, che deve decidere con quale gruppo schierarsi, avendo la consapevolezza che la propria scelta rischia di metterla in una condizione di isolamento rispetto alla propria classe di appartenenza.
Un altro fatto reale è la classificazione della radiofrequenza come possibile cancerogeno per
l’Uomo nel maggio 2011 da parte dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Avevo
iniziato a scrivere “La città bianca” diversi mesi prima di questo evento, immaginando che
un’eventuale ammissione del rischio per la salute umana avrebbe causato una reazione delle
pubbliche relazioni promosse dall’industria. Così è stato: anche sulla stampa italiana si sono letti articoli di giornale piuttosto curiosi che adottavano tecniche di comunicazione molto precise per sminuire l’importanza della notizia. Ecco perché il romanzo sottolinea la silenziosa alleanza tra industria delle telecomunicazioni e industria dei media e delle pubbliche relazioni – per cui il mondo dei cellulari è una fonte di reddito sostanziale.

Fonte: http://blog.edizioni-psiconline.it/2015/04/20/la-citta-bianca-alla-feltrinelli-di-pescara-intervista-allautrice/