In Italia, ci dice l’ISTAT, soltanto il 57,8% delle madri con un figlio lavora. Il dato scende al 52,3% per le donne con due figli, e crolla al 39% per chi – come nel caso della Mayer – ha una fami...

DONNE AL LAVORO: CONCILIARE CARRIERA E FAMIGLIA

Lavoro postato da plinio || 8 anni fa

In Italiaci dice l’ISTAT, soltanto il 57,8% delle madri con un figlio lavoraIl dato scende al 52,3% per le donne con due figli, e crolla al 39% per chi – come nel caso della Mayer – ha una famiglia composta da tre bambini.

Inoltre, oltre il 22% delle donne che lavoravano prima di diventare madriabbandona – per scelta più o meno obbligata ( 52,5%)  o per licenziamento  – il proprio impiego al termine del periodo di allattamentoCarriera o famiglia? Amore o carriera? Le donne sono costrette ancora oggi a scegliere tra il lavoro, una relazione d'amore e la maternità. Conciliare le due vite diventa sempre più complicato e quindi è d'obbligo trovare un equilibrio facendosi aiutare da persone o istituzioni che badino ai figli, senza per questo però trascurarli. Sia che si tratti di un asilo nido o della scuola materna, sia che si tratti della baby-sitter o anche soltanto di altri parenti disponibili, la mamma in carriera deve comunque fare i conti con le esigenze dei bambini, che, a qualsiasi età, possono metterla davanti a scelte obbligate, a ricatti o a sensi di colpa. Lavorare senza sosta comporta un’inevitabile assenza dalle mura domestiche, con la triste conseguenza di non riuscire a godersi il mestiere di genitore come si vorrebbe. La trappola scatta intorno ai 30, 35 anni Cerca di trovare un varco, ma vorrebbe anche fare un figlio, investire su qualcosa che non sia denaro o carriera. Lo fa. Spera che tra nonni, asilo e divina provvidenza esista un modo per saltarne fuori, per diventare una brava mamma e una donna capace di indipendenza. “In realtà, di solito, il contraccolpo della maternità è sempre duro – razionalizza. Perché il lavoro in Italia è ancora apprezzato in termini tayloriani: vale la quantità, non la qualità. E soprattutto vige la presunzione per cui un figlio finisce a carico delle cure femminili. Quando nasce un figlio, in Italia la lavoratrice si fa meno affidabile, mentre papà resta quello di prima e continua la carriera senza scossoni. Se la famiglia cresce si privilegia lo stipendio più alto, cioè quello del marito. La donna spera di rimettersi in gioco quando i ragazzi crescono, ma è una missione praticamente impossibile nel mercato italiano. Senza investimenti specifici e un radicale cambio di cultura, non avremo mai pari opportunità sociali e professionali. Bisogna cambiare prima di tutto la mentalità. Anche senza sognare i paradisi della conciliazione (dalla Svezia alla Germania). Specie ora che la crisi morde, ed è un bene per tutti calcolare che, se papà perde il lavoro, ci può essere mamma a tamponare l’emergenza. O che, più ottimisticamente, sia possibile per uomini e donne decidere quanta parte di sè dedicare al lavoro e quanto alla famiglia, nel terzo millennio.