Sempre più al centro dell’attenzione mediatica, le discariche abusive in Italia si stanno rivelando un problema più grande e sostanzioso di quello che si potesse immaginare fino a qualche anno fa,...

Italia postato da mikevo || 10 anni fa

Sempre più al centro dell’attenzione mediatica, le discariche abusive in Italia si stanno rivelando un problema più grande e sostanzioso di quello che si potesse immaginare fino a qualche anno fa, nonostante le voci sui suddetti posti di mala gestione dello smaltimento di rifiuti speciali circolino da decenni.

Molte di queste realtà erano sì conosciute, almeno a livello locale ed in maniera quasi omertosa con la filosofia del “si sa ma non si fa nulla”, ma la gente sta divenendo sempre più allarmata nel venire a conoscenza di tutte le altre situazioni esistenti in giro per il Bel Paese, per non parlare di quelle sconosciute venute alla luce a pochi metri da casa. Insomma, la situazione diventa sempre più difficile e tesa mano a mano che vengono scoperti nuovi luoghi del misfatto, soprattutto quando si tratta di veri e propri “pesi massimi” tra i cimiteri abusivi di rifiuti pericolosi.

Proprio a questa categoria appartiene una vasta zona del parco nazionale del Gran Sasso a monte di Pescara, dove giace, sulle sponde del fiume Tirino, uno dei più storici poli chimici di tutta la nazione.  Si tratta di Bussi, domicilio di quella che è stata nominata “la discarica abusiva più grande d’Europa”, o almeno la più estesa tra quelle scoperte finora.

Divisa in tre siti ubicati in un’area pari a 5 ettari e mezzo di estensione, si è stimato che contenga circa 500 tonnellate di rifiuti tossici pericolosi, tutti accumulati nell’arco di oltre un secolo e che per la stessa quantità di tempo hanno avvelenato un territorio di 25 ettari in modo massiccio, mettendo in pericolo la salute di centinaia di migliaia di persone.

Tante sono le analisi effettuate nel tempo, sia da società private che pubbliche, alla ricerca dell’effettiva entità del danno ecologico. Già nel 1972, un’analisi effettuata dall’Istituto Superiore di Sanità nella zona del fiume Pescara aveva appurato livelli di mercurio superanti il limite massimo stabilito dalla legge di 4,5 volte nei pesci e 14 volte negli esseri umani. Un altro studio del 1982 aveva evidenziato come le coltivazioni nei pressi del fiume contenessero valori medio-alti della stessa sostanza. Ulteriori analisi, effettuate negli anni duemila, avevano portato alla luce come i pozzi di acqua potabile atti a rifornire gli acquedotti fossero stati pesantemente contaminati dalle sostanze tossiche provenienti dalla stessa discarica, dando inizio ad una lunga diatriba avente come epilogo la loro chiusura definitiva in favore di nuovi pozzi ritenuti sicuri.

Nonostante questa conclusione, sempre secondo una relazione dell’ISS, i pozzi attuali, che distribuiscono acqua in una vasta superficie di territorio e a 700mila persone, comprendendo anche scuole e ospedali, sarebbero comunque pesantemente compromessi da sostanze tossiche. La regione Abruzzo, dal canto suo, si limita invece a negare la sussistenza del pericolo, commentando che i pozzi inquinati erano solamente quelli chiusi nel 2007 e che gli attuali non sono assolutamente a rischio.

Le responsabilità dell’avvenuto, ad oggi, non sono semplici da individuare, colpa di una noncuranza nella mala gestione dei rifiuti trascinata nel tempo, alla quale hanno partecipato praticamente tutte le società che si sono avvicendate nel polo industriale da inizio novecento ai primi anni duemila. L’ultima di esse in ordine cronologico, la Solvay Solexis, conta al momento sette indagati per omessa bonifica tra i vertici societari ai quali è stato da poco consegnato l’avviso di conclusione indagine per la seconda parte dell’inchiesta sulla discarica.

 

Intanto, tra interrogazioni parlamentari che chiedono indagini epidemiologiche e immediate operazioni di bonifica e sit-in di protesta di fronte all’assessorato alla sanità della regione Abruzzo, la situazione continua a rimanere molto tesa, complice l’allarmismo ormai più che diffuso e il blocco di tutte le operazioni a causa dell’ingente fabbisogno di denaro necessario a portarle a termine. 

Fonte: http://www.torchianiserviziecologici.it/