TELECOM, ALITALIA: UN DECLINO INARRESTABILE NEL QUADRO DEL CAPITALISMO   Telecom e Alitalia, due realtà strategiche del sistema produttivo italiano, finiranno a prezzi di saldo in mani straniere (...

Telecom, Alitalia: un declino inarrestabile nel quadro del capitalismo

Economia postato da piattaformacomunista || 10 anni fa

TELECOM, ALITALIA:

UN DECLINO INARRESTABILE NEL QUADRO DEL CAPITALISMO

 

Telecom e Alitalia, due realtà strategiche del sistema produttivo italiano, finiranno a prezzi di saldo in mani straniere (la spagnola Telefonica e Air France-Klm). Poi sarà la volta di Finmeccanica.

Noi marxisti-leninisti non ci uniamo ai lamenti bipartisan sulla “distruzione delle industrie nazionali”, dopo che liberisti e social-liberisti le hanno privatizzate e spolpate. La sottrazione del fondamento nazionale alle industrie da secoli è tipica della borghesia, che sfrutta il mercato mondiale.

Quello che ci interessa mostrare è che queste acquisizioni sono un’ulteriore prova dell’inarrestabile declino dell’imperialismo italiano, che ha numerosi aspetti e che procede in modo accelerato.

La prolungata e profonda crisi economica ha messo a nudo le tare strutturali e la fragilità del capitalismo italiano: un ristretto numero di monopoli in grado di competere a livello internazionale, la debolezza economica e finanziaria dei gruppi, la loro struttura prevalentemente familiare, il nanismo industriale, la frammentazione delle imprese medie e piccole incapaci di innovarsi e di reggere la competizione internazionale.

L’imperialismo italiano è ormai assente in settori chiave: elettronica, informatica, chimica, farmaceutica, aerospaziale, etc.; sono a rischio di sparizione l’automobilistico e l’acciaio; procede lo shopping straniero nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni, dell’energia, dell’acquisizione marchi, etc.

Le imprese italiane sono a sempre più a basso contenuto tecnologico, sbilanciate verso produzioni tradizionali, con scarsa forza-lavoro qualificata. Di conseguenza, si accentua la dipendenza del sistema produttivo dalle importazioni ad alto contenuto tecnologico.

La produttività è bassa e stagnante, perché i padroni non investono sul capitale fisso, su ricerca e sviluppo (la spesa in R&S delle imprese italiane è, in rapporto al PIL, più bassa del 50% rispetto alla media europea), preferendo evadere fisco e contributi e investire nella finanza off shore.

Anche l’agricoltura è al disastro. La politica della U.E. imperialista manda in rovina i piccoli agricoltori e allevatori. Aumenta la dipendenza dall’estero per il cibo, non c’è autosufficienza alimentare nonostante l’Italia abbia terre coltivabili e condizioni propizie per soddisfare i bisogni della popolazione.

Fra i risultati di questa situazione vediamo che se prima della crisi scoppiata nel 2008 la crescita annua del PIL italiano era modesta in confronto a quella dei principali paesi a capitalismo avanzato, da allora ad oggi il PIL italiano ha perso circa l’8,9%, una percentuale di gran lunga superiore a quella delle altre potenze.

Per non restare marginalizzata la borghesia punta a intensificare lo sfruttamento del proletariato, aumentando ritmi e carichi, abbattendo salario e diritti, peggiorando le condizioni di lavoro e di vita, delocalizzando, deindustrializzando.

Licenziamenti e disoccupazione di massa, bassi salari, precarietà, flessibilità, nessun futuro per i giovani, miseria dilagante, abbandono del meridione: questo è quello che ci può offrire la classe dominante.

La lotta contro le conseguenze della crisi e le politiche dell’oligarchia finanziaria – rivendicando il divieto dei licenziamenti per motivi speculativi e finanziari, l’esproprio senza  indennizzo delle aziende che chiudono, delocalizzano o inquinano -  dev’essere rafforzata e portata avanti dagli operai e dagli altri lavoratori sfruttati in modo combattivo, costruendo organismi di fronte unico (consigli, comitati, commissioni, etc.).

Allo stesso tempo va chiarita una questione fondamentale: può la borghesia farci uscire dalla crisi e dal declino?

Noi pensiamo di no, perché è la prima responsabile del marciume e della decadenza della società. Perché il pugno di famiglie dell’oligarchia finanziaria che domina l’economia e la politica non ha interesse allo sviluppo ed alla soluzione dei più importanti problemi sociali, ma favorisce il decadimento, la deindustrializzazione, il degrado, per fagocitare meglio forze produttive, rendite statali, fette sempre più cospicue della ricchezza sociale.

I fatti dimostrano che la borghesia è oggi il principale ostacolo al progresso ed allo sviluppo sociale. Essa ha esaurito da tempo il suo compito storico e non può far “ripartire” il paese. Può solo aggravare lo sfacelo, portarci alla rovina, scaricando il peso della sua crisi sulla classe operaia e le masse popolari.

C’è una sola forza che può salvare l’Italia dal declino economico, dalla devastazione sociale ed ambientale, dall’oscurantismo culturale, dalla corruzione, che può trarre fuori il paese dal vicolo cieco in cui l’ha condotto la borghesia. Una forza che può assicurare una prospettiva storica diversa, rinnovare il paese in senso economico, culturale, sociale, che può imprimere il dinamismo e generare la rinascita, organizzando uno Stato ed un’economia di tipo nuovo, utilizzando tutte le capacità e le energie delle masse lavoratrici.

Questa forza è il proletariato che – alla testa dell’alleanza con le altre classi e strati sociali sfruttati ed oppressi dal capitalismo – farà uscire il paese dalla decadenza e dalla rovina rovesciando la borghesia, conquistando il potere politico e creando un nuovo modo di produzione fondato sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione e di scambio.

Solo la rivoluzione sociale del proletariato – diretta da un Partito comunista basato sul marxismo-leninismo - potrà portare progresso e benessere alla classe operaia ed alle masse popolari, assicurando all’Italia un futuro migliore e offrendo un notevole contributo al progresso del proletariato e dei popoli del mondo.

 

25 settembre 2013                                                           Piattaforma Comunista

 

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