Il borgo del Professore: il restauro dei trulli di Umberto Veronesi. Aldo Flore & Rosanna Venezia www.arkitetti.it “Cercare un paesaggio suggerito da macchie di calcinaccio con ombre lasci...

Restauro dei trulli di Umberto Veronesi.

Attualità postato da raffaele || 13 anni fa

 

Il borgo del Professore: il restauro dei trulli di Umberto Veronesi.

Aldo Flore & Rosanna Venezia

www.arkitetti.it

“Cercare un paesaggio suggerito da macchie di calcinaccio con ombre lasciate da scrosci d’acqua e ricche di
rami scossi dal vento.”
“Anche un paesaggio può ributtarti addosso una vita primitiva abbandonata da milioni di anni e farti sentire
l’odore dell’infanzia del mondo”.
Questa è la casa del famoso oncologo Umberto Veronesi.
Quando il Professore ci affidò l’incarico di restaurare e trasformare un complesso di trulli nella sua casa per
le vacanze avevamo poco più di trent’anni e sentimmo una fortissima responsabilità.
Infatti gli immobili sebbene ci avessero affascinato sin dall’inizio, si presentavano in condizioni
particolarmente compromesse.
vista del complesso prima dei lavori
I manti di copertura esterni si presentavano crollati in più parti, gli intonaci completamente distaccati con
conseguente dilavamento delle malte e creazioni di evidenti quadri fessurativi e di infiltrazioni.
Negli interni le condizioni di conservazione erano altrettanto compromesse, risultavano mancanti le lastre di
pietra dei pavimenti, gli architravi in pietra lesionati, conci degli archi disallineati, la totale assenza degli
infissi.
Particolare delle pietre interne dove risultano evidenti avanzati processi di degrado
Si è proceduto pertanto ad un rilievo grafico delle strutture in scala 1:20 al fine di, verificare tutte le
stratificazioni che negli anni si sono avute, di evidenziare il quadro fessurativo e procedere ad una mappatura
dei materiali, delle malte per avviare il progetto di consolidamento.
Il progetto di consolidamento e restauro è stato avviato in senso critico insieme alla progettazione degli
ambienti, delle nuove funzioni da dare agli spazi, del valore da attribuire ad ognuno per raggiungere

  • l’obiettivo di conservare, interpretare, reintegrare l’immagine.

Una volta incontrato il committente si è scelto insieme il nuovo modello distributivo, la caratterizzazione
degli ambienti con lo scopo di esaltare i materiali e la luce, senza che tutto ciò rubasse l’anima della
costruzione risalente al 1848.
Il progetto ha cercato di mantenere quella atmosfera sospesa nel tempo conservando le bucature esistenti,
gli stessi rapporti tra settori intonacati e elementi con la pietra a vista, riproponendo le lastre di pietra
calcarea per i pavimenti, senza venire inghiottiti dalle mode in corso con l’utilizzo di resine, cementi
colorati, pavimenti esotici.
La Puglia si esprime in pietra a secco come le Alpi si esprimono nelle baite in legno
La distribuzione, di conseguenza è stata studiata nel rispetto degli ambienti esistenti, non è possibile dividere
un trullo in due o più parti senza perderne la unitarietà tipologica e la continuità di immagine. Si è, invece,
lavorato sulla apertura di collegamenti tra alcuni ambienti, per favorire gli spostamenti all’interno della casa.
Una particolarità della distribuzione è quella che gli spazi interni sono stati strutturati a partire da una scelta
progettuale degli elementi esterni. Infatti, i quattro gruppi di trulli originariamente di quattro proprietari
diversi, si rivolgevano su uno spazio esterno non definito; a questo spazio abbiamo assegnato il valore di una
piazza verde da cui partono le stradine di un borgo rurale.
Così un ulivo secolare diventa il simbolo di una campagna ancora presente, sempre visibile da ognuno dei
quattro gruppi di trulli.
Il progetto di adeguamento dell’edificio alle nuove funzioni si fonde con gli interventi di consolidamento
statico, di smontaggio, revisione e montaggio delle lastre di copertura di ogni singolo trullo.
Si è proceduto, in alcuni settori dove i paramenti murari erano particolarmente compromessi, con la tecnica
dello “scuci e cuci” con lo scopo di ripristinare la continuità strutturale senza compromettere le generatrici
geometriche.
Il lavoro, andato avanti per circa tre anni ha visto due squadre di operai specializzati nelle costruzioni in
pietra; la prima dei “trullari” lavorava sulle coperture per smontare, catalogare, montare nuovamente le lastre
di pietra calcarea che caratterizzano il cono esterno del trullo; l’altra lavorava all’interno, realizzando
interventi di natura strutturale utilizzando i materiali della tradizione, quali pietra e leganti naturali ottenuti
dall’impasto di calce e terra.
Il montaggio prevede la integrazione di lastre nuove lavorate a mano una per una
Il materiale stoccato a terra è pronto per essere montato
La disposizione delle lastre avviene a secco sfruttando i peso dei conci che ne assicurano la stabilità nel tempo
Un anziano “trullaro” lavora e posiziona le lastre sulla sommità di un trullo
Gli interni, una volta consolidati venivano puliti con acqua a bassa pressione e in alcuni casi con
microsabbiatura a pressione controllata al fine di non eliminare la patina che il tempo ha assegnato alla
materia.
La pietra interna come appare dopo la pulitura
Particolare attenzione veniva rivolta agli impianti. Infatti, per quanto possibile il progetto aveva lo scopo di
non compromettere i paramenti murari, il passaggio delle tubazioni elettriche seguiva i percorsi orizzontale
al di sotto dei massetti e l’andamento delle fughe per i corpi illuminanti.
La stessa attenzione viene dedicata ai servizi igienici la cui architettura, tuttavia, non eccede mai rispetto alla
essenzialità della loro funzione pratica.
La lunga consuetudine con i materiali locali ha portato con il tempo a perfezionare alcune tipologie di infissi
come quella costituita da telai in ferro piatto verniciato.
Le maniglie vengono anch’esse realizzate in ferro forgiato a mano così come le cerniere.
La ricerca di accordi tra i materiali vecchi e quelli nuovi, sono una caratteristica del lavoro svolto, un modo
di operare senza preconcetti, ne al seguito della moda del momento.Un lessico che negli anni va affinandosi
con un senso di rispetto verso il passato che viene interrogato, e coinvolto in scelte progettuali critiche.
Il progetto ha così voluto mantenere tutte le caratteristiche del borgo, riproponendone quelle antiche, non
solo rispettando in modo conservativo le strutture e i materiali, ma progettando in chiave moderna e non
romantica i completamenti, i dettagli architettonici, gli arredi.
Così si è raggiunto l’obiettivo di preservare lo spirito del luogo, il carattere di collettività che aveva per le
famiglie di pastori, ognuno con i propri trulli privati, ma riuniti attorno ad un unico focolare, un unico forno
per sfornare il pane, un unico Jazzo (piazzale).
Oggi tutte le camere hanno la loro parte privata, i propri servizi, mentre la zona collettiva, il pranzo, la
cucina sono gli stessi per tutti, la cultura del vicinato viene interpretata in chiave moderna, la sensibilità degli
architetti è frutto non solo delle competenze tecniche, ma il risultato della conoscenza dei luoghi, delle
tradizioni, dello stile di vita.
Così infatti il trullo, lindo come la buccia a spirale che si ricava dalla mela, all’interno è come l’interno
vuoto di un frutto acerbo, l’ombra capovolta di una campana, la realizzazione a vista del circolo patriarcale
intorno al fuoco……Tornare nel trullo, nell’oscuro immemore utero materno”
La zona pranzo
Una struttura nata e conservata nel rispetto dei principi della bioarchitettura:
• spessori murari notevoli;
• ottima ventilazione;
• recupero delle acque piovane;
• uso di materiali locali e naturali;
un restauro eseguito nel rispetto delle strutture, delle tecniche costruttive tradizionali, nella conservazione di
quella eleganza architettonica frutto di tensioni formali e materiche evidente nelle bucature, nelle scale in
pietra nei rapporti tra paramenti intonacati e lastre calcaree, un restauro risultato dello studio del territorio
nel suo complesso, dai muretti a secco, alle querce, dai trulli alla cucina tradizionale….
“Lo dobbiamo ai campi se le nostre case non saranno inferiori alla terra vergine che hanno sostituito.
Lo dobbiamo ai vermi e agli alberi se gli edifici che li coprono sopravvivranno come promesse delle forme
più elevate e più intelligenti di felicità”.