Gli eventi di Hong Kong pongono la Cina in una situazione difficile, per la quale trovare una via di uscita rappresenta un esercizio di politico non usuale, che ne può condizionare sia la politica...

Estero postato da monitoreinter || 4 anni fa

Gli eventi di Hong Kong pongono la Cina in una situazione difficile, per la quale trovare una via di uscita rappresenta un esercizio di politico non usuale, che ne può condizionare sia la politica interna, che quella estera. Se non ci fossero i condizionamenti internazionali è lecito pensare che Pechino preferirebbe risolvere il problema in maniera veloce attraverso  l’uso delle proprie forze armate. Peraltro questa eventualità è la minaccia costante a cui è sottoposta la protesta di Hong Kong: la legge vigente prevede che, se il governo (sostenuto da Pechino) dell’ex colonia britannica dovesse richiedere l’intervento dell’Esercito popolare cinese, la Cina non potrebbe che rispondere positivamente a questa richiesta. Certamente si tratterebbe di una richiesta soltanto formale, che servirebbe al governo cinese per avere una sorta di giustificazione legale per una repressione violenta. Compiere questa mossa, però significherebbe rendere nullo il modello “un paese due sistemi” attraverso il quale il governo cinese vuole presentarsi al mondo, per dare una patina di tolleranza e democrazia, che è utile per incrementare gli scambi commerciali. Tradire questo modello potrebbe avere un costo economico significativo, capace di comprimere i dati programmatici della crescita cinese. Esistono, poi, anche i costi diplomatici, che farebbero arretrare l’immagine cinese fino ad ora faticosamente costruita. Di contro Pechino deve però conteggiare nell’ideale bilancio della gestione della questione di Hong Kong, l’incapacità di gestire una protessta che si è radicalizzata, proprio per la rigidità del governo dell’ex colonia britannica, che ha agito su indicazioni del governo centrale di Pechino. Uno dei pericoli che spaventano i burocrati del Partito comunista cinese è l’allargamento della protesta nelle zone più sensibili dell’impero cinese: prima di tutte Taiwan, che mostra segni sempre maggiori di insofferenza verso l’ingerenza cinese, nella regione musulmana del paese cinese, dove la protesta, pur soffocata nella violenza non ha mai cessato di minacciare il processo di normalizzazione imposto da Pechino, fino ad arrivare al dissenso interno, certamente più agevole da controllare, ma che presenta sempre elementi di criticità per il sistema. Ufficialmente, per ora, la Cina non intende mettere fine al modello con cui governa Hong Kong, ma persegue una linea che unisce la fiducia alla polizia, che ha inasprito i suoi metodi contro i dimostranti, all’introduzione di forme di repressione occulte come la mancata condanna delle azioni di malviventi, probabilmente provenienti da ambienti della malavita organizzata di Hong Kong, che hanno agito contro i dissidenti con azioni violente non contrastate dalle forze di sicurezza. La percezione è che la Cina sia consapevole che l’invio dell’esercito possa incrinare quella fiducia proveniente dai paesi occidentali, che si è guadagnata, però, con cospicui investimenti. Pechino si è dimostrata anche piuttosto innervosita verso le potenze occidentali che l’hanno ammonita a non intervenire direttamente ad Hong Kong: la Cina non tollera ingerenze interne, ed è comprensibile, ma questa sua suscettibilità dimostra come non sia ancora pronta a recitare il ruolo di grande potenza mondiale al di fuori del campo economico. La dialettica di Pechino si basa su di una supremazia finanziaria, grazie alla quale, ottiene una facilità di accesso alle relazioni internazionali, ma quando i temi contingenti spostano le ragioni della dialettica diplomatica, la Cina si trova imprigionata all’interno dei suoi stessi schemi da stato autoritario, che non gli permettono di capire le normali dinamiche dei rapporti con gli stati democratici. Hong Kong rappresenta un esame per la Cina di fronte al mondo, perchè l’ex colonia britannica non è una regione remota del territorio cinese e nemmeno una zona della Siria o dell’Iraq, dove, putroppo, i diritti non sono abitualmente garantiti, ma è una potenza economica idealmente ben inquadrata nel mondo occidentale e, perciò, un osservatorio privilegiato per constatare come la Cina si comporta e potrebbe comportarsi in futuro. Le conseguenze possono essere molto pesanti per le ambizioni cinesi e sopratutto per i suoi obiettivi economici: un prezzo troppo alto anche di fronte ad una opposizione sempre più contraria.

Fonte: https://monitoreinternazionale.blogspot.com/2019/07/per-la-cina-hong-kong-rappresenta-un.html