Continua la sequenza: dopo L’Aquila, scossa di magnitudo 3,7 a Reggio Emilia. L’Appennino sprofonda: è una certezza l’attivazione di vecchie e nuove faglie. In Italia i terremoti sembrano non avere...

Attualità postato da thebirdnews || 7 anni fa

Continua la sequenza: dopo L’Aquila, scossa di magnitudo 3,7 a Reggio Emilia. L’Appennino sprofonda: è una certezza l’attivazione di vecchie e nuove faglie.

In Italia i terremoti sembrano non avere fine e tornano ad affacciarsi alla cronaca luoghi che pensavamo, chissà perché, al sicuro dopo gli ultimi eventi. Ancora non si esaurisce la sequenza di repliche dei terremoti di Amatrice e Norcia, quando dobbiamo registrare la riattivazione dell’Appennino centrale e gli sciami in Emilia Romagna. Martedì una scossa di magnitudo 4.4 a L’Aquila, ieri una di 3.7 a Reggio Emilia.  

Sempre che non vogliamo ricordare anche la sequenza sismica del Pollino (fra Calabria e Lucania) che, per almeno due anni, ha fatto temere l’incombere di un forte sisma. 

Questi terremoti non sono tutti uguali, però preoccupano tutti allo stesso modo. Ma da che cosa dipendono? Ed è possibile che in Italia si siano risvegliate tutte le faglie nello stesso tempo? Cosa sta accadendo? La risposta è: niente di eccezionale, solo un pro memoria della Terra che ci impedisce di dimenticare, come forse vorremmo, che l’Italia è geologicamente giovane e attiva e che i terremoti sono frequenti come le piogge (quelli più forti come le tempeste). 

LE COLPE DEI RIVOLUZIONARI  

In un comunicato alla popolazione il vescovo di Reggio Emilia e il Duca d’Este fecero chiarezza sulle vere cause dei terremoti che scuotevano l’Emilia Romagna nel 1831-1833. Le colpe andavano senz’altro attribuite ai rivoluzionari risorgimentali che non avevano alcun timore di dio né del potere costituito: il sisma era il segno della condanna divina e doveva servire di monito. Un po’ di conoscenza e l’esercizio della memoria sarebbero bastati a Ciro Menotti per non accollarsi anche quella colpa. Molte vittime si registrarono nel forlivese già nel 1279 e ancora distruzione nel 1688. In genere si trattava di sismi del VII-VIII grado della scala Mercalli, ma si poteva sfiorare il X, come nel 1811, nel 1810, del 1806 e nel 1732. Dal 1600 sono circa 25 i terremoti di rilievo che hanno funestato quella regione, dunque oggi dovremmo essere consapevoli che quella fetta di pianura padana è a rischio sismico, anche se il pericolo non è eccessivo, se paragonato a quello di Messina o di Catania. 

Fonte: http://thebird.altervista.org/niente-di-nuovo-sotto-litalia-la-terra-trema-e-non-si-fermera/