La chirurgia protesica offre un valido aiuto e sostegno in una serie svariata di patologie. Vediamo come può essere applicata in presenza di osteosarcoma.

Medicina postato da profort || 7 anni fa

Sono molti i casi in cui ci si può avvalere dell’impianto di protesi per curare stati morbosi o, laddove le condizioni generali non consentano una perfetta riabilitazione, in quella che i medici definiscono con un’espressione latina restitutio ad integrum, cioè guarigione completa, anche solo migliorare sensibilmente la qualità della vita dei pazienti.

Quando si parla di chirurgia protesica, si pensa immediatamente a patologie ortopediche note come artrosi: ci si riferisce, quindi, alla patologia degenerativa delle articolazioni, cioè a tutte quelle malattie in cui l’articolazione perde progressivamente la funzionalità (indicata come articolarità) portando, in un tempo variabile, il paziente all’immobilizzazione, sia perché l’articolazione non riesce più a essere mobilizzata dai muscoli, per esempio per calcificazione, sia per il dolore che questa situazione comporta. In questi casi, occorre ovviamente ricorrere alla chirurgia protesica perché il paziente possa tornare a muovere funzionalmente l'arto, dopo una corretta fisioterapia.

Uno degli impieghi più importanti della chirurgia protesica riguarda, però, non patologie ortopediche e degenerative, ma il trattamento della patologia oncologica. Non parliamo dei quadri di tumore primitivo all’osso, ovvero di quelle forme tumorali che insorgono direttamente sulle ossa, quanto piuttosto di quelle situazioni in cui la patologia oncologica si è estesa da altri organi e ha solo secondariamente coinvolto le ossa: in questo caso, si dice che il tumore ha metastatizzato, e che le ossa sono, quindi, sede di metastasi. Una condizione patologica molto grave e importante che deve essere trattata tempestivamente ed efficacemente da specialisti.

Perché è importante riconoscere le metastasi scheletriche e trattarle? È di fondamentale importanza riconoscere queste metastasi ed e prendere ogni provvedimento noto per evitare che la malattia si espanda anche alle ossa. Può, infatti, accadere che le cellule tumorali erodano l’osso, causando fratture, soprattutto al livello delle vertebre, e dolore quando incontrano plessi nervosi. 

Quanto è diffuso questo problema? Anche se può sembrare un problema marginale rispetto alla patologia oncologica nel suo complesso, e alla patologie degenerative a carico delle ossa, quello delle metastasi scheletriche è un problema di crescente importanza. Ogni anno in Italia vengono scoperti circa 40 mila nuovi casi di metastasi ossee, numero che è purtroppo in aumento per la diffusione delle patologie oncologiche, ma anche per la maggiore capacità diagnostica che, nel tempo, ha affinato le tecniche di visualizzazione e ricerca delle cellule tumorali che metastatizzano. La scintigrafia ossea è, non a caso, fondamentale nel follow up di molte tipologie di tumori, cioè in tutte quelle analisi che devono essere fatte dopo la prima resezione o i primi cicli di chemio e radioterapia. Le tipologie di tumore più a rischio di sviluppare metastasi scheletriche sono quelle che insorgono su: mammella, nelle donne, prostata negli uomini, e poi reni, polmoni e tiroide. Va detto che naturalmente non tutti i tipi di tumori possono dare metastasi scheletriche: ciò dipende dal tipo e dall’aggressività del tumore, che non è lo stesso in tutti i casi. Una malattia molto estesa con una massa tumorale aggressiva e resistente è più suscettibile di dare metastasi di questo tipo.



Come si effettua la terapia? Una volta diagnosticata la presenza di metastasi scheletriche attraverso esami come la già citata scintigrafia ossea, occorre agire tempestivamente: la chirurgia protesica è un valido strumento in questi casi, perché permette di sostituire l’osso malato, debole, o già fratturato, con una protesi. I materiali più usati sono diversi e riflettono le differenti prerogative e caratteristiche delle ossa che devono andare a sostituire: per esempio, le componenti possono essere di metallo o polietilene ad altissima densità. I materiali sono sempre bio-compatibili.

La chirurgia protesica in caso di metastasi ossee non può prescindere da una valutazione attenta delle condizioni generali del paziente, che deve essere effettuata di concerto sia dall’oncologo che dal chirurgo ortopedico. Essendo una patologia primariamente oncologica, è necessario che la terapia chemio o radioterapica sia organizzata nei modi e nei tempi di somministrazione perché il paziente sia in grado di affrontare nelle migliori condizioni possibili l’operazione di installazione della protesi.

È chiaro che la chirurgia protesica in caso di metastasi scheletriche non può, purtroppo, essere considerata una cura per il tumore; ma afferisce a tutte quelle possibilità terapeutiche da mettere in campo sia per migliorare la qualità della vita del paziente che per aumentarne la sopravvivenza.

Fonte: http://www.pietroruggieriortopedico.it/attivita-didattica/