La rabbia può essere definita come una nevrassite, cioè una seria infezione del sistema nervoso, che trae origine da un virus appartenente alla famiglia Rhabdoviridae, genere Lyssavirus, con risult...

La rabbia

Medicina postato da guidamedicina || 11 anni fa

La rabbia può essere definita come una nevrassite, cioè una seria infezione del sistema nervoso, che trae origine da un virus appartenente alla famiglia Rhabdoviridae, genere Lyssavirus, con risultati quasi sempre fatali. La malattia affligge specialmente gli animali che però sono in grado di contagiare anche l'uomo. Il virus colpisce tipicamente le strutture nervose per poi diffondersi attraverso il sistema autonomo a tutti gli organi e, difatti, si trova pure nella saliva da dove origina l'infezione, per puntura, graffio o tocco della pelle lesa da parte di una bestia contagiata. Gli animali più colpiti dal virus della rabbia sono quelli che vivono allo stato brado: volpi, tassi, mustelidi in Europa settentrionale e centrale; topi, scoiattoli, ratti in Europa meridionale; pipistrelli negli Stati Uniti; ciò nondimeno possono venire contagiati pure gatti, cani e furetti domestici. Fortunatamente l'infezione ha un ciclo di incubazione abbastanza lungo, in media 1 mese, che consente di prima che il virus si sparga nel sistema nervoso. Dopo, nel momento in cui si manifestano i sintomi sotto descritti, non è possibile fermare l'evoluzione della malattia. Si identifica una prima fase prodromica, con manifestazioni aspecifiche quali febbre talvolta alta, emicrania, anoressia, nausea, mialgia, tosse non produttiva; più significative le parestesie nel sito d'inoculazione, contraddistinte da dolore, prurigine e irritazione. Questo periodo dura 1-2 giorni. Comincia poi la fase irritativa (furiosa), di eccitazione, con segni e sintomatologia tipica delle encefaliti di origine virale: spasmi laringotracheali, ipertoniamuscolare, incoordinazione della muscolatura estrinseca oculare, rachialgie. Alterazioni della psiche. In ultimo decesso per insufficienza respiratoria o arresto cardiaco. Imprescindibile per indurre il sospetto è la raccolta dell'anamnesi con analisi di eventuali ferite o morsi, o contatti con animali potenzialmente infetti. La diagnosi, formulata con molteplici tecniche di laboratorio che permettono di isolare il virus, è fattibile ma purtroppo tardiva per l'uomo. Nei casi a rischio la prassi prevede di identificare la bestia che ha aggredito l'uomo, avvalorare o escludere la diagnosi sull'animale, anche post mortem tramite esame istopatologico dell'encefalo, e nell'evenienza sia necessario cominciare immediatamente la profilassi. La prevenzione post infezione prevede di somministrare, il prima possibile dopo il contatto a rischio, un siero antirabbico, costituito da immunoglobuline specifiche umane o di cavallo, e il vaccino anti rabbia. Il doppio trattamento è reso inevitabile dalla pericolosità dell'infezione e dalla circostanza che, in ogni modo, la reazione naturale al vaccino prevede almeno 15 giorni di tempo per la costituzione di anticorpi efficaci. I soggetti a rischio possono premunirsi in anticipo, ciononostante in caso di morso di un animale infetto si procede al richiamo del vaccino, con nuove dosi, e alla verifica del titolo anticorpale.