...Quei fogli, oltre al fascino dell'antico, danno preziosità ai soggetti dipinti, il colore dolcemente ambrato creato dalla vetustà, esalta la dolcezza incisiva del colore,...

DURER E IL RINOCERONTE NELL'OPERA DI PINO MANZELLA di Claudio Alessandri

Cultura e Società postato da claudio alessandri || 13 anni fa

Dürer e il Rinoceronte nell'opera di Pino Manzella

Ritrovo Pino Manzella dopo molti anni, non per mia colpa o sua, semplicemente perché l’eco della sua attività pittorica mi giungeva come eco lontano, la sua attività artistica che parecchi anni innanzi mi aveva catturato, continuavo a partecipare al suo percorso creativo percorrendo un viale parallelo con lo sguardo volto verso quel mondo di suggestioni culturali che hanno condizionato, ma non negativamente, il lavoro di Pino sempre proteso verso quell’incertezza che ammanta l’orrido e la bellezza, opponendoli nella volontà di comunicare al prossimo le proprie idee, messaggi criptici, volutamente misteriosi affinché l’osservatore delle sue opere giungesse, solitario, a una conclusione interpretativa, una sfida comunque vinta nel costringere a pensare, chiedersi il perché di quel colore, di quell’immagine incoerente pur nella bellezza realizzativa.

Messaggi ed ancora messaggi che, alle volte divengono invocazioni per scuotere un mondo che Manzella ama, pur nelle sue contraddizioni.
Sono tornato a incontrare Pino, la mia strada parallela ha subito un’improvvisa deviazione, e ho ritrovato quel mondo sospeso tra l’incertezza e la speranza, ho rivisitato opere gia conosciute, ho osservato i suoi nuovi lavori e le mie sensazioni, avvertite un tempo, sono tornate a ridarmi fiducia, certezza di avere visto giusto, nella giustezza dei soggetti, nei colori ingannevolmente pastellati, e la fedeltà ai supporti da lui utilizzati.

Fogli sottratti ad antichi scritti, vergati con quell’eleganza formale che fa temere sempre l’inganno.
Quei fogli, oltre al fascino dell’antico, danno preziosità ai soggetti dipinti, il colore dolcemente ambrato creato dalla vetustà, esalta la dolcezza incisiva del colore, e ancora una volta torno felicemente a percorrere l’identica strada percorsa da Pino.

Ogni opera non è fine a se stessa, la bellezza e l’armonia sempre presenti, non collidono con il senso intrinseco dell’opera, se così fosse la pittura di Pino Manzella non avrebbe più una ragione per mostrarsi e essere mostrata a cogliere il giudizio dell’osservatore, quelle opere diverrebbero dei veicoli visti nella loro armonia di linee, nella dolcezza acquerellata dei pigmenti contrapposti all’ossolutismo della funerea china, ma nulla più e non è questo che ha spinto Pino a aprire il suo intimo sentire a mostrarsi denudato perché nulla sia di ostacolo alla comprensione, uno sguardo diretto, nessuno ostacolo a penetrare un mondo che, se compreso, diverrà l’unico scopo di una vita, del vivere nell’armonia di un mondo perfetto che l’umanità, nella sua cecità ha condotto sull’orlo di un baratro pauroso.

Che cosa ci sta a fare quel rinoceronte dentro un televisore ed un cuscino apparentemente incongruo alla composizione? Il rinoceronte è identico a quello disegnato dal grande incisore Durer, ma il grande artista tedesco non colorò mai le sue incisioni, questo ha la corazza tricolore, poi rimane il cuscino, questo proprio non ha alcun senso. A questo punto dovrebbe intervenire un dubbio, o Manzella è matto, ci vuole prendere in giro, oppure…oppure vuole dirci qualche cosa.

Non intendo giudicare il prossimo, ma se si cercasse un senso logico nell’apparente illogicità? Si può sempre tentare, arrendersi subito non condurrebbe a nulla anzi, condurrebbe a un vuoto deludente.

Allora il rinoceronte assomiglia a quello di Durer, è un omaggio, no troppo banale, eppure quella creatura è l’immagine della forza bruta, della violenza tesa alla distruzione, la corazza è colorata, ma quei colori ricordano la bandiera italiana, quindi da quella televisione si sprigiona un volere che è violenza, è asservimento, è corruzione è tutto ciò che è in possesso di tanti mezzi di comunicazione, forse quel rinoceronte ricorda la violenza del fascismo, ma allora non esisteva la televisione, la radio si, un solo giornale quello che diffondeva esclusivamente il volere del “partito”.

Abbiamo dato un senso al rinoceronte, alla televisione, ai colori, ma al cuscino no, e se stesse indicare un’accettazione supina al volere del rinoceronte televisivo? E possibile, anzi sicuro.

Altre opere di Manzella suggeriscono violenza, morte, cristallizzazione dei cervelli, poi i suoi disegni si aprono alla speranza, alberi dalle grandi fronde, un uomo cieco che è stato un grande poeta, un libro leggero come una farfalla. Potremmo proseguire lungo la via in compagnia di Pino chissà ancora per quanto, ma è giunto il momento di farmi da parte, io nell’economia artistica di Pino, sono un sovrappiù, posso anche fermarmi tanto sono certo che Manzella non si fermerà mai, troppo forte è la fede di questo artista, la fede per un ideale, e sono gli ideali che guidano e trasformano in bene le brutture del mondo.

La mostra dal titolo “Acquerelli dei conti che non tornano” si è inaugurata il 7 gennaio 2011 ed è visitabile fino al 3 febbraio ed è ospitata presso la Galleria annessa alla pasticceria Palazzolo sulla 113 all’ingresso di Cinisi (PA)

Claudio Alessandri