Cattivi politici ovvero lupi con la pelle d'agnello tra Storia e attualità

Italia postato da MarraniAlpha || 1 anno fa

Tratto da Alpha - il Blog delle idee(Http://alpha-italia.com) : https://alpha-italia.com/quando-carlo-alberto-di-savoia-il-re-amletico-fu-alle-porte-della-rivoluzione/ Se il Piemonte e la monarchia sabauda sono l’anello di congiunzione tra il popolo italiano e l’unità d’Italia è possibile ricordare, nel polverio dei secoli, episodi di quella grande vicenda spesso sottovalutati: un salto nel XIX secolo quando l’Italia, occupata dall’oppressore, cercava tra i sentieri del malessere sociale e della confusione politica, la lucerna che le avrebbe acceso l’orgoglio nazionale e la volontà di farsi Nazione libera, indipendente. Tutti i patrioti del tempo creddettero nella monarchia sabauda come strumento d’armi e di propaganda per realizzare la rivoluzione. Torniamo alla genesi di quel sentiero lastricato di grandezze e bassezze che portò all’unità d’Italia, un anno e un mese celebrato da una delle più famose odi manzoniane: marzo 1821. Carlo Alberto, figlio di Vittoio Emanuele I, non è ancora re. E’ ricordato dalla Storia come un uomo inquieto e ambiguo o capace di adombrarsi dietro la maschera dell’inquietudine e dell’ambiguità per celare le sue contraddizioni. “Carlo Alberto voleva e disvoleva” scrisse di lui Santorre di Santarosa. Per comprendere questa definizione torniamo al mese di marzo, al tentativo, fallito nel nascere, di dare inizio al Risorgimento. L’Italia patriottica, da alcuni anni, si era infatuata di Carlo Alberto, Principe di Carignano. Il 1820 è anno cruciale per i moti sparsi in Europa; il 1821 attende il mese di marzo non solo per l’espressione lirica del Manzoni(pubblicata durante le 5 giornate di Milano, 1848) ma per affidare i propri destini al Principe di Carignano che manifesta idee liberali e rivoluzionare, seppur vaghe. Il 6 e l’8 marzo Santorre di Santarosa, Giacinto di Collegno,il San Marzano e Roberto D’azeglio si recano a Palazzo Carignano entusiasti, agognano la collaborazione del principe per dar inizio “alle danze”, assumere il controllo dell’artiglieria del regno e insorgere contro il tallone austriaco. Sono i primi eroi del Risorgimento che ne collezionerà molti, vincitori e martiri. Santarosa, il 6 marzo, parla con Carlo Alberto, ottiene il suo consenso al principio dell’azione, crede nella collaborazione del Principe alla causa che anima l’insorgere dell’orgoglio nazionale che vuole essere libero in una nazione libera. I patrioti simbolo di quell’anno e di quelli precedenti ripongono grandi speranze in colui che appare pervaso dalle loro stesse idee liberali e riformatrici. Il principe di Carignano suscitò molte speranze, tutt’ora gli storici non concordano sulle intenzioni intime di Carlo Alberto, il personaggio è stato troppo ambiguo, la sua doppiezza ce lo fa rimembrare come colui che assecondava i patrioti rivoluzionari ma, in realtà, non osava ribellarsi alla corte perché non voleva. L’8 marzo 1821 Santarosa e gli altri tornano da lui. Cosa accadde durante il secondo colloquio? Mistero coperto dall’ambiguità di Carlo, scatola sigillata di parole, promesse, false promesse dalla quale fuoriesce un dato: Carlo dà ancora il consenso all’azione. Parole, solo parole, promesse che adombrarono quell’anno e illusero quei patrioti idealisti. La grande rivoluzione antiaustriaca che doveva partire nel marzo 1821 dalla forza sabauda non avvenne, la monarchia piemontese era troppo distante dal nuovo corso di idee riformatrici che serpeggiava in Italia e infiammava l’italiano; Carlo fu un’illusione per i patrioti perché “voleva e disvoleva”, perché faceva buon viso a cattiva sorte. Si mosse il popolo piemontese nel marzo 1821, si mossero i cittadini di Torino a battere alle porte della città per chiedere la Costituzione, vibranti di speranza; circondarono il palazzo reale gridando con intrepido entusiasmo “Viva la Costituzione!”. Ma Carlo Alberto era sparito nei recessi del palazzo con la stessa rapidità con la quale aveva dato consenso al Santarosa. Un’occasione mancata (e rimandata) per la monarchia sabauda e il Risorgimento, un mese e un anno che trovano più nella controversa figura del principe il loro elemento più significativo in virtù, proprio, del futuro rivoluzionario e risorgimentale di Carlo stesso: nel 1821 uomo enigmatico,peritoso, complice e traditore dei patrioti a un tempo; poi l’ascesa al trono, le grandi riforme, il rinnovato e insospettato coraggio che lo renderà bandiera d’Italia, promulgatore dello Statuto albertino(ottriato), combattente nella prima guerra d’indipendenza. Il Mazzini, non per caso, l’ha definito “Re amletico”

Fonte: https://alpha-italia.com/quando-carlo-alberto-di-savoia-il-re-amletico-fu-alle-porte-della-rivoluzione/