Negli ultimi tre anni la finanza moderna è stata salvata dagli organi esecutivi, e di conseguenza dai contribuenti. Perché siamo così bravi a creare la complessità in finanza?

Finanza postato da times2 || 12 anni fa

Negli ultimi tre anni la finanza moderna è stata salvata dagli organi esecutivi, e di conseguenza dai contribuenti. Ma questi organi e i finanziatori sono anch’essi contribuenti, i quali perciò sostengono almeno in parte i costi della crisi.

 

Perché siamo così bravi a creare la complessità in finanza? Come si possono far quadrare le decisioni sbagliate che prendiamo quando creiamo cose come le strutture CDO a tranche singola [1], quando scambiamo l’indice ABX [2], o concediamo mutui ipotecari a chi non se li può permettere?

 

Creare complessità.

 

Prima però, soffermiamoci un po’ sul perché siamo bravi nella complessità finanziaria e perché probabilmente continueremo a esserli  sempre di più. Stiamo diventando più intelligenti. E in una maniera peculiare. Dal blog scientifico di Wired “Frontal Cortex” (il grassetto è nostro):

 

“L’effetto Flynn  [3] è sempre stato pervaso da mistero. Divulgato per la prima volta dal politologo James Flynn, l’effetto concerne il diffuso aumento nel tempo dei punteggi del QI. … la cosa più singolare è il modo in cui sono aumentati i punteggi:

 

1)    I punteggi sono aumentati maggiormente nella parte di problem-solving dei test.

2)    L’intelligenza verbale è rimasta relativamente stabile, mentre i punteggi non-verbali continuano ad aumentare.

3)    Il miglioramento delle prestazioni si è verificato in tutte le fasce d’età.

4)    L’aumento dei punteggi ha luogo prevalentemente nei test i cui contenuti non sembrano essere facilmente appresi.

 

La cosa sconcertante di questo aumento dell’intelligenza generale, è che compare dove meno ce l’aspettiamo. Anche se si potrebbe supporre che i punteggi del QI possano aumentare nel tempo in termini di intelligenza cristallizzata – la parte del test che misura specifici tipi di conoscenza, come la capacità di contare o la conoscenza delle parole del vocabolario – in realtà è aumentata in termini di intelligenza fluida, che è la capacità di risolvere problemi astratti.”

 

Ciò significa che con il passare delle generazioni siamo diventati più intelligenti, ma di un genere particolare di intelligenza. Quel genere grazie al quale il bambino di 5 anni riesce a riparare il vostro Blackberry mentre si è occupati a confrontare l’ EFSF [4] con il CDO.

 

Siamo diventati più bravi nel pensiero astratto. Non abbiamo alcuna difficoltà nell’analizzare un mercato finanziario che non ha alcuna ubicazione fisica, oppure nel valutare l’esposizione creditizia delle nazioni sovrane mediante contratti derivati. Facciamo proprio questo.

 

Inoltre, dato che la capacità di pensare in maniera astratta è correlata all’intelligenza, diventa un ciclo auto-rafforzativo in cui chi è più bravo in tale argomentazione rimane più a lungo nel campo dell’istruzione, migliorando il proprio pensiero astratto, diventando così ancora più intelligente … finché un giorno , dopo tanti anni di studi,  una buona parte di loro approderà alle banche d’investimento.  E dopo, cosa pensate che succederà? In quale compito sarà impiegata l’abilità nel pensiero astratto?

 

C’è quindi da meravigliarsi se la moderna finanza è diventata sempre più complessa?

 

Ma al tempo stesso, queste persone straordinariamente intelligenti non dovrebbero essere in grado di accorgersi della potenziale instabilità che stanno creando, della crescente possibilità di sconfitta dell’intera società mediante i salvataggi, e dell’elusione dell’economia reale?

 

Prendere decisioni sbagliate a debita distanza

 

Si pone un problema morale. Lo tratteremo presentando il problema del carrello. Questa è la versione di FT Alphaville dell’ esperimento mentale ideato da Philippa Foot nel 1967.

 

“La vigilia di Natale uscite a fare una passeggiata, e salite su una passerella che scavalca delle linee ferroviarie. Non appena giunti alla sommità notate che un carrello fuori controllo si sta precipitando verso cinque uomini che stanno lavorando sui binari più in basso di dove siete voi. Sono troppo distanti per urlare ed avvertirli, restate a guardare inorriditi, di sicuro li ucciderà tutti. Poi vi accorgete che c’è una leva accanto a voi. Se la tiraste il carrello devierebbe verso una serie separata di rotaie, dove sta lavorando soltanto un uomo. Se tirate la leva il carrello ucciderà l’uomo mentre i cinque saranno salvi. Tirate la leva?”

 

Avete in mente la risposta? Che ne pensate di questa situazione:

 

“Siete sempre sulla passerella,  c’è sempre il carrello fuori controllo. Però non c’è alcuna leva. Tuttavia accanto a voi sta un signore assai corpulento. Vi rendete conto (con certezza) che se spingete l’uomo sui binari mentre passa il carrello, lo bloccherà e i cinque uomini saranno salvati, se non che morirebbe l’uomo che avete spinto. Spingete l’uomo sui binari?”

 

La maggior parte della gente tirerà la leva e non spingerà l’uomo. Naturalmente le situazioni sono identiche sotto il profilo delle probabilità.

 

Perché questa differenza?

 

Beh, per prima cosa siamo programmati per non uccidere i nostri simili. Perlomeno quelli che non presentano una qualche minaccia per noi.

 

Ciononostante,  se immettiamo dei congegni tra noi e l’omicidio, improvvisamente muta la nostra struttura mentale. Coloro che non sarebbero mai in grado di uccidere a mani nude sono disposti a sganciare bombe su civili e a tirare leve che portano alla morte un passante. Non appena vi è qualche distanza tra noi e la persona che stiamo danneggiando (anche se quella persona siamo noi stessi), le nostre inclinazioni evolutive a non uccidere si defilano.

 

Qualora stiate ancora pensando in termini di sopravvivenza, vale a dire che in guerra ci difendiamo anche se per farlo questo significa attaccare dei civili, si consideri il seguente esempio.

 

Quasi tutti correrebbero in aiuto di un bambino che sta annegando, ma non tutti inviamo denaro ai paesi dove i bambini muoiono di fame.

 

La distanza dalle conseguenze della nostra inerzia, o l’introduzione di uno strumento nell’azione che intraprendiamo, ci consentono di prendere decisioni in modi che sono logicamente e moralmente contraddittori .

 

Un’idea per la finanza

 

E’ così che diventiamo più intelligenti, e ancor più nel pensiero astratto che ci permette di integrare maggiore complessità nel gioco finanziario praticato da molti di noi.  Coloro che non operano nella finanza rimangono a guardare e si chiedono perché combiniamo quello che facciamo, ma alla maggior parte di loro non importa fino a che non ne vengono toccati.

 

Ma di recente ha coinvolto molti di loro. Troppi. In molti ambienti, dal movimento Occupy fino alla nuova regolamentazione, la finanza è ritenuta responsabile. Ma senza dubbio quelli inseriti nei mercati metteranno nel sacco questi sforzi ancora una volta …

… in fondo non è la stessa cosa di spingere il grassone giù dalla passerella.

 

Fonte: ft.com/alphaville

 

Traduzione di Gabriele Picelli per www.times.altervista.org

 Link: http://times.altervista.org/astrazione-ed-etica-nella-finanza-moderna/

Note:

[1]: complesso prodotto finanziario derivato emesso a fronte di una       cartolarizzazione del valore sottostante

[2]:  indice scambiabile contenente un paniere di derivati subprime  

[3]:  aumento generalizzato del quoziente intellettivo delle popolazioni con il passare delle generazioni, indipendente dalla cultura d’appartenenza. E’ più marcato per l’intelligenza fluida rispetto a quella cristallizzata.  

[4]: Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, fondo “salva stati” creato nel 2010

Fonte: http://times.altervista.org/astrazione-ed-etica-nella-finanza-moderna/